Alberto da Giussano: mito o realtà?

Publié le par La Redazione del blog

Sulle congetture e le ipotesi non è possibile ricostruire la storia, si può semmai costruire la leggenda.

Non si può forzare la storia, come spesso purtroppo si è fatto, per dare un alone di credibilità alla leggenda.

Visto l’interesse dell’argomento da parte dell’Assessora alla Cultura di Lissone, tanto da avergli dedicato recentemente un convegno, riportiamo un articolo apparso sul n°4 de “I quaderni della Brianza” del maggio-giugno 1979, a cura del giussanese Guido Cassina.


moneta di Federico Barbarossa


Nel 1960 fu edito uno scritto di Don Rinaldo Beretta dal titolo "Alberto da Giussano e la Società della Morte".1

Nella brevissima prefazione si legge tra l'altro: "Come cittadino giussanese di elezione, avrei desiderato di poter scrivere di più e di meglio intorno ad Alberto da Giussano. Ma la storia è quella che è: non è invenzione o romanzo ".

A distanza di un ventennio nulla è cambiato nel problema della storicità di Alberto; adesso come allora, o meglio come sempre, si ripropone il quesito: Alberto da Giussano, storia o leggenda, mito o realtà?

Certo, il piccolo orgoglio del concittadino (di chi scrive, come di don Beretta) vorrebbe che non si nutrissero dubbi sull'esistenza del Gigante e che le fonti avvalorassero tale presunzione; tuttavia non si può forzare la storia, come spesso purtroppo si è fatto, per dare un alone di credibilità alla leggenda.

Ma cosa ci dicono le fonti su Alberto da Giussano e la Società della Morte?

La più antica testimonianza a nostra conoscenza risale a Galvano Fiamma, un domenicano vissuto tra il 1283 ed il 1344, autore del Chronicon Maius (1338 circa) in cui leggiamo alla voce "Societas de la morth": " ... Et fuit eorum capitaneus Albertus de Gluxiano, habens vexillum communitatis. Et ista fuit prima societas que unquam facta fuit in Mediolano"2.

Per la prima volta a distanza di oltre un secolo e mezzo dalla battaglia di Legnano (29 maggio 1176) si trova menzione dei novecento militi della Società della Morte guidati da Alberto da Giussano, nonchè dei trecento fanti del Carroccio e dei trecento carri falcati triangolari con dieci uomini per carro. La costituzione delle tre società militari e la presenza di un condottiero come Alberto sono, a nostro avviso, fatti molto importanti e singolari: come mai non ne hanno parlato i cronisti contemporanei al fatto d'arme? come mai il Fiamma non dice quale sia stata la fonte di queste notizie? come mai Bonvesin de la Riva3, cronista certamente più autorevole del Fiamma, non ne fa menzione?

Il silenzio di 160 anni e poi, d'improvviso, tanta precisione di particolari e notizie non possono lasciare il campo sgombro da sospetti.

Il problema è tutto qui: si può credere al Fiamma? Comunque sia, anche chi vorrà lasciare qualche margine di credibilità alle notizie del domenicano, dovrà riconoscere che il silenzio di tanti anni non è una buona prova a favore del Fiamma e quindi, per quanto ci interessa ora, della esistenza storica di un Alberto da Giussano.

Tuttavia, prescindendo dalla partecipazione di Alberto alla battaglia di Legnano, è almeno esistito un personaggio di tal nome nell'ultimo scorcio del XII secolo?

In un ricorso al Pontefice (1196 circa) per una questione relativa all' ospedale di S. Simpliciano figura tra i vicini di Porta Comasina in Milano un Alberto da Giussano, citato assieme ad un Ugo: è l'unica notizia in nostro possesso anteriore al Fiamma. Sempre a detta del Fiamma4, a Legnano due fratelli, Otto e Rainero, furono accanto ad Alberto: orbene di Rainero null'altro sappiamo, mentre il nome di un Otto ricorre in numerosi atti databili tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo, in quanto possedeva beni a Giussano ed Arosio; comunque niente, prima del Fiamma, prova che fosse fratello di Alberto. Le fonti quindi ci consentono di affermare che esisteva a Milano sul declinare del XII secolo un Alberto da Giussano: la sua partecipazione a Legnano e le sue gesta poggiano solo su labili congetture ed ipotesi, ma sulle congetture e le ipotesi non è possibile ricostruire la storia, si può semmai costruire la leggenda: e pare che così sia stato per il nostro Alberto. È probabile che già prima del Fiamma alcuni cronisti, mossi forse dall'intento di attribuire il peso della vittoria alla cavalleria nobiliare oltre che alla fanteria fornita dal popolo, non solo ingigantirono l'importanza della cavalleria con la creazione, in tale frangente, della Compagnia della Morte, ma fecero di Alberto da Giussano, magari presente alla battaglia, un eroe leggendario e gigantesco, tanto è vero che Bernardino Corio (1459-1519) nella sua Storia di Milano edita nel 1503, a proposito della Compagnia della Morte affermava testualmente: " ... il capitanio de costoro si dimandava Alberto da Giussano, homo quasi per galiardia sua reputato gigante ".

Tale tendenza di rivalutare il peso della cavalleria accanto alla fanteria si ritrova anche nella Storia del Regno d'Italia del modenese Sigonio (1523-1584)5 che per primo assegna alla Società della Morte il merito precipuo della vittoria.

Ma come andarono "storicamente" le vicende di Legnano?

Federico Barbarossa, ricevuto un contingente di circa 2000 cavalieri tedeschi e ottenuti altri mille cavalieri da Como, oltre ad una massa di fanti attratti dalla mira di un probabile saccheggio di Milano, nel maggio del 1176 partì da Como fissando il campo a Cairate e da qui il 29 maggio mosse verso la fedele Pavia alla testa dell' avanguardia formata di cavalieri. Nel frattempo si erano mossi da Milano anche i Lombardi, decisi a fermare la marcia del Barbarossa, ponendo il campo nella pianura di Legnano. Dopo aver sbaragliato la cavalleria milanese, sorpresa in operazioni di ricognizione, i Tedeschi decisero di attaccare subito, senza attendere il grosso delle truppe, spingendosi verso Legnano, dove inizialmente i cavalieri lombardi furono ancora una volta sconfitti e volti in fuga. Fu a questo punto che si rivelò decisivo il peso della fanteria che resistette strenuamente, permettendo l'arrivo di un contingente fresco di cavalleria alleata, cui si era aggiunta anche buona parte dei fuggiaschi. Le sorti della battaglia volsero a favore della Lega Lombarda: i Tedeschi si ritirarono disordinatamente, lo stesso imperatore venne erroneamente creduto morto e solo dopo qualche giorno ricomparve a Pavia.

"Però il colpo mortale alle sue pretese sui Comuni italiani era stato dato; a Legnano Federico non materialmente, ma moralmente era morto davvero", asserisce Vitaliano Rossi6.

A parte l'enfasi retorica che permea un po' tutta l'opera del Rossi, si deve riconoscere che i Comuni Lombardi riportarono a Legnano una decisiva vittoria, in virtù della quale vennero riconosciuti i loro liberi ordinamenti.

"Tuttavia, se il nostro intelletto s'inchinerà alla nuda verità storica, il nostro sentimento amerà vivere la leggenda, che in certo qual senso è la poesia della storia": così don Beretta conclude lo scritto citato 7.

Anche noi, che tanto dobbiamo alla sua opera di preciso e appassionato indagatore delle vicende della nostra Brianza, alla conclusione di queste brevi note su Alberto da Giussano torniamo col pensiero alla plastica evidenza che assume nel Parlamento del Carducci la figura di Alberto:

 

"Or si fa innanzi Alberto di Giussano.

Di ben tutta la spalla egli soverchia

gli accolti in piedi al console d'intorno.

Ne la gran possa de la sua persona

torreggia in mezzo al parlamento: ha in mano

la barbuta: la bruna cappelliera

il lato collo e l'ampie spalle inonda.

Batte il sol ne la chiara onesta faccia, ne le chiome e ne gli occhi risfavilla.

È la sua voce come tuon di maggio ".

 

A questo punto siamo ormai usciti dal mondo raziocinante della storia per accostarci alla dimensione fantastica della poesia.

Che troppo spesso poesia e storia non coincidono è risaputo, ma non per questo la poesia piace meno della storia, anzi.

 

NOTE

1    R. Beretta, Alberto da Giussano e la Società della Morte, Carate 1960. Tale opera è servita, in parte, come traccia per il presente scritto.

2    G. Fiamma, Chronicon Maius cap. 905, fol 218 r. "Società della Morte .... e il loro capitano fu Alberto da Giussano, che teneva il vessillo della comunità. E questa fu la prima

società che fu mai organizzata a Milano".

3    Bonvesin de la Riva (1240-1315 circa) fu autore fra l'altro del De Magnalibus urbis Mediolani (1288), cioè Le grandi cose della città di Milano, in cui celebra i fasti della sua città. Servì da fonte anche al Fiamma.

4    G. Fiamma, Galvagnana cap. 294

5    C. Sigonio, Storia del Regno d'Italia, Francoforte 1591, p. 330 e sg.

6    V. Rossi, Alberto da Giussano - Capitano della Compagnia della Morte, Milano 1876, p. 59.

7    R. Beretta, op. cito p. 25.

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